

L'incidente di Chernobyl
Il 26 aprile 1986, il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, a circa cento chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, è esploso durante un test di sicurezza. Questo è stato il più grande incidente avvenuto in una centrale nucleare.
L’esplosione del reattore ha ucciso tre addetti della centrale. Tra il personale e i primi soccorritori, 134 persone sono state ricoverate per gli effetti acuti delle radiazioni; 28 hanno perso la vita nelle prime settimane successive all’esplosione, altri 19 negli anni seguenti. Fra i civili, più di 4mila persone, in gran parte bambini e adolescenti, hanno contratto il cancro alla tiroide.
Le radiazioni hanno provocato numerosi effetti collaterali su piante e animali. La cosiddetta Foresta Rossa, pineta di circa 10 km² situata nell'area adiacente al reattore che fece virare verso il colore rosso tutti gli alberi della zona, ha subito danni permanenti. Gli alberi presenti nella cosiddetta zona di esclusione hanno mostrato una crescita molto più lenta. Numerosi studi hanno messo in evidenza le ripercussioni che la contaminazione radioattiva ha avuto anche per la fauna che abitava le aree maggiormente colpite. Si è notato ad esempio come gli uccelli delle aree maggiormente colpite dalle radiazioni hanno una materia cerebrale notevolmente più piccola o becchi deformi rispetto ad altri esemplari delle stesse specie. Nel corso degli anni si è registrata anche una moria di cavalli e uno sviluppo ritardato su una mandria di bovini.
Molteplici studi effettuati hanno evidenziato il modo in cui la ricaduta radioattiva di Chernobyl ha provocato il cancro alla tiroide, una ghiandola a forma di farfalla che svolge un ruolo molto importante nel metabolismo umano. Negli anni passati le ricerche hanno scoperto che le persone esposte al fallout di Chernobyl erano soggette a un rischio superiore di carcinoma papillare della tiroide, in modo particolare coloro che all’epoca erano bambini piccoli. Questo perché la ricaduta radioattiva includeva lo iodio-131, un tipo di iodio radioattivo, che ha contaminato le scorte alimentari locali dopo essersi depositato sui campi e sui pascoli degli animali. Lo iodio-131 che aveva contaminato il latte e le verdure si è accumulato nella tiroide delle persone, danneggiando il DNA di questa importante ghiandola.
Purtroppo oggi la situazione è ancora complicata in quanto, nonostante siano passati molti anni dall’esplosione della centrale, persiste un problema molto grande legato proprio alla contaminazione radioattiva e quindi c’è una presenza significativa di radionuclidi, ad esempio il Cesio-137 e lo Stronzio-90, che sono presenti nei terreni e poi si trasferiscono nella dieta di tutti i giorni. Quindi, gli ortaggi, la carne e il latte che vengono mangiati nelle zone contaminate hanno al loro interno una presenza di contaminazione radioattiva. Ciò provoca un abbassamento delle difese immunitarie e una serie di patologie tumorali. A questo si aggiunge una situazione di importante povertà che persiste ancora oggi in queste aree.